Comunità Solidali propone una nuova società
Intervista a Davide Gionco –
Comunità Solidali nasce dall’attuale grave crisi sociale, instradata verso un incombente e voluto stato d’emergenza, e dal desiderio di resistergli e porvi un rimedio esponendo una proposta concreta. L’idea è di coinvolgere i cittadini italiani in una presa di responsabilità dei propri bisogni e di sostituirsi attivamente allo Stato, che è assente in ogni sua declinazione.
Molte sono le persone che si stanno unendo in questo progetto di resilienza al sistema in continuo decadimento, che addomestica la popolazione a proprio uso e consumo, ma Davide Gionco ne è sicuramente uno dei promotori più attivi, fiduciosi e coinvolgenti, ed espone così le sue motivazioni: “Ci hanno abituato a chiedere a loro quello di cui abbiamo bisogno e puntualmente loro non lo fanno. Quello che noi proponiamo è di costruire noi stessi, insieme, la società che vogliamo sulla base dei valori della Costituzione e di ciò in cui crediamo”.
Davide è un ingegnere chimico 54enne, laureatosi al Politecnico di Torino e residente in Svizzera dal 2009 con la sua famiglia, ma è innanzi a tutto un idealista e un entusiasta. La sua formazione non si limita al percorso accademico ma i suoi mille interessi lo portano a studiare Diritti e Trattati Europei, monete complementari, tecniche di manipolazione di massa, come si gestiscono i gruppi e parla 6 lingue.
“Lo scopo non era creare una nuova rivista o fare l’ennesimo blog”, afferma Davide, “ma unire e creare una rete di collaborazione fra diversi blog e persone, la quale avrebbe consentito in seguito di sviluppare delle sinergie”. Il motore che ha sempre spinto coerentemente Davide è la volontà di creare una collaborazione che unisca le forze necessarie per portare un cambiamento. Già con la Rete di Lilliput si parlava di “strategia lillipuziana” per bloccare il gigante del liberismo con azioni mirate, concrete e coordinate; e oggi il progetto continua con Comunità Solidali.
Come è nata Comunità Solidali?
“Dopo il trattamento politico-mediatico della pandemia del 2020-22, molta più gente si è resa conto della manipolazione del sistema di potere finanziario-politico-mediatico e sono nate molto iniziative di reazione per realizzare un cambiamento; allora mi sono detto che era il momento giusto per passare all’azione sociale. Abbiamo organizzato corsi di formazione e convegni. A fine 2021 abbiamo lanciato un tam-tam online e sono arrivate persone a collaborare. Adesso siamo una quarantina impegnati nei vari ambiti operativi del progetto: formazione, comunicazione, rete dei servizi, circuito economico, mappatura del territorio”.
Qual è l’obiettivo che vuoi realizzare con Comunità Solidali?
“L’idea è semplice: le comunità già esistenti si mettono in rete, condividono esperienze e competenze ovvero condividono la conoscenza delle buone pratiche di cambiamento e si aiutano fra di loro. La partecipazione deve essere aperta a tutti e i concetti devono essere semplici a partire dal nome. L’idea è di dare la possibilità agli italiani che vogliono una società migliore, di realizzarla”.
Quale strategia avete adottato per raggiungere i vostri obiettivi?
“Vogliamo creare una nuova cultura che sia nostra, pluralista e non imposta dai poteri forti. Intendiamo liberarci dalla conformazione culturale per creare nuove proposte e coinvolgere più persone per il cambiamento della società. Non vogliamo creare un movimento che segua un leader, ma un insieme di comunità locali e di realtà che mantengano la loro individualità e peculiarità, unite da scopi e caratteristiche comuni; gruppi locali che si vogliono bene e si aiutino nel bisogno.
La questione fondamentale è la formazione. A dirlo sembra noioso, ma ci controllano a livello culturale e riescono a non farci vedere le alternative che invece già esistono, e che basterebbe attuare e condividere con gli altri. Abbiamo migliaia di scuole parentali, gruppi di acquisto solidale, iniziative di informazione critica, comunità energetiche e molto altro. Dobbiamo arrivare ad avere, pur restando diversi, un’unica identità di popolo che intende cambiare il proprio futuro.
Mi piace paragonare questo concetto alla nazionale di calcio: anche se ciascuno è tifoso di una propria squadra di club, tutti si identificano nella squadra che rappresenta la nazione, tutti seguono il rito di guardare la partita, di suonare i clacson in caso di vittoria, di mettere la bandiera fuori dal balcone. L’identità comune è il senso profondo di condividere le stesse aspettative.
Vogliamo creare la stessa identità di popolo con Comunità Solidali. Ogni comunità che ne fa parte si deve sentire parte di questa unione e portare i propri riti quotidiani all’interno di essa, quelli che noi definiamo “le buone pratiche”: come mi alimento, dove faccio la spesa, che moneta uso, cosa e come produco, come utilizzo le risorse naturali, come ridistribuisco il benessere nella comunità. Sono i nuovi riti da implementare per il cambiamento. Il risultato sarà un cambiamento concreto della società e dell’economia.
Le buone pratiche ci sono già, molta gente le sta già vivendo. Altri, essendone informati, potranno emularle. Stiamo creando una mappa interattiva per recensire quello che esiste e condividere le informazioni, in modo che le attività esistenti possano essere conosciute e trovate sul territorio. Le attività includono le scuole parentali, i negozi, i servizi, gli eventi, le feste, tutto ciò che è utile al cambiamento. Intendiamo organizzare un circuito economico al di fuori dell’attuale sistema finanziario: mettere insieme imprese, professioni, lavoratori e famiglie per fare incontrare domanda e offerta in un’economia alternativa all’euro, che è il principale strumento di potere della finanza internazionale sul popolo italiano”.
Il nuovo circuito economico che volete creare, prevede una moneta alternativa?
“La moneta Euro che utilizziamo attualmente è di tipo estrattivo. È emessa a debito e chi la emette indebita chi la usa. Sottraggono ricchezza a noi che viviamo di economia reale, tramite il pagamento degli interessi, per concentrarla nelle mani dei pochi che si arricchiscono con gli investimenti finanziari. Si tratta di veri e propri parassiti della società. La ricchezza si concentra sempre di più nelle mani di pochi, impoverendo tutti gli altri.
È un sistema che, inoltre, crea un’ideologia malata: devo vendere il più possibile per arricchirmi il più possibile e pagare il meno possibile, imbrogliando il più possibile. Il consumatore vuole comprare a meno possibile più cose possibili, imbrogliando chi produce. Non c’è una visione d’insieme e gli effetti collaterali si concretizzano come danni all’ambiente o malattie nelle persone. La moneta da noi pensata deve essere di nostra proprietà e non deve creare debito, opponendosi al pensiero unico del neoliberismo. Deve essere portatrice di una ricchezza redistribuita per chi crea lavoro e servizi e deve essere uno strumento di collaborazione per lo sviluppo di un’economia per il bene di tutta l’umanità. Dovrà essere una moneta al servizio della comunità e non della finanza. I rapporti sociali fra i soggetti economici devono essere di tipo solidale, di mutua cooperazione, per perseguire insieme il bene comune”.
Sarà quindi una moneta che ha come controvalore il lavoro delle persone?
“Sì, avrà come controvalore i beni e i servizi forniti dalla comunità e genererà valore e ricchezza circolando. Sarà una moneta che rappresenterà l’unità di lavoro delle persone della comunità per massimizzare l’impiego e permettere di contribuire dignitosamente con il proprio lavoro e uno stipendio adeguato. La realizzazione di un circuito economico alternativo e diffuso ci consentirà di conseguire la nostra liberazione dal sistema monetario attuale. La moneta sarà emessa sulla base degli effettivi bisogni, coprendo tutti i servizi necessari, e non sulla crescita ad ogni costo. Questo permetterà di prevenire la devastazione dell’ambiente. Un po’ come il FIL (Felicità Interna Lorda) del Butan: non è basato sul fatturato ma sul misurare la felicità di una comunità che è soddisfatta, dove si risolvono i problemi degli altri, possibile con un modello economico diverso da quello attuale
Noi mettiamo al centro il benessere della comunità. E tanto più la comunità è grande e tanto più la moneta complementare è accettata. Le persone, in totale buona fede, non vedono che una moneta alternativa possa essere facilmente reperibile. Hanno fatto in modo che non fosse per niente evidente, ma è un modo per ricostruire la società.
Abbiamo in previsione di creare una piattaforma di connessione delle monete complementari esistenti, perché non sono coordinate tra loro. Una mappa interattiva permetterebbe un possibile scambio”.
Come vedi i tempi di realizzazione del progetto Comunità Solidali?
“Credo ci vorrà una generazione. Ci hanno abituati ad avere tutto in fretta perché usano tecniche informatiche invasive molto avanzate che formano il pensiero unico ma, come ci insegna la storia, per i cambiamenti epocali ci sono volute generazioni. E dobbiamo tener conto che ci attaccheranno, perché daremo fastidio e non saranno disposti a cedere il loro potere facilmente. Poi, bisogna anche considerare che, per come siamo stati formati, all’inizio avremo la tendenza a riproporre gli stessi modelli, perché sono quelli che conosciamo. Quindi non è sufficiente voler cambiare, ma bisogna impegnarsi a voler cambiare noi stessi e le nostre abitudini”.
Diventa, quindi, anche un percorso di crescita interiore e spirituale.
“La nostra coscienza è fatta delle nostre intenzioni più profonde, ma siamo talmente sporchi di pensiero unico che anche la coscienza è stata sporcata e non vediamo le alternative. Per ripulirla dobbiamo formarci con altre forme di pensiero non condizionate dal pensiero unico e implementare nuove abitudini. Per questo abbiamo inserito all’interno del nostro programma “le buone pratiche”. Perché noi siamo molto bravi a parlare ma poi facciamo molto poco nel concreto. Critichiamo il sistema di potere a parole, ma poi lo sosteniamo con le nostre cattive abitudini quotidiane. Ci perdiamo nella teoria e trascuriamo la pratica”.
Cosa vuoi dire a chi leggerà questo articolo e sarà interessato a Comunità Solidali?
“Ci hanno abituati a delegare decisioni e azioni a chi sta in alto. Ci trattano come sudditi e molti italiani credono di esserlo, non avendo consapevolezza della loro sovranità, ovvero della propria libertà di disconoscere il potere di chi ci governa. Non abbiamo firmato nessun contratto che ci vincoli all’obbedienza a loro.
Il mio invito è questo: collaboriamo insieme per costruire la nostra società. Il nostro futuro è nelle nostre mani, non nelle mani di chi ha il potere oggi.
Non venite a chiederci cosa abbiamo da offrire, perché non siamo venditori. Io personalmente sono un ingegnere e potrei vivere bene senza impegnarmi in tutto questo, ma ho capito che solo l’impegno concreto di ciascuno di noi ci potrà salvare.
Non basta lamentarsi, protestare e aspettare le prossime elezioni sperando di votare il partito giusto. Non va più bene delegare, perché abbiamo ormai visto che non funziona. È del tutto evidente che l’attuale sistema democratico è una finzione, che non consentiranno mai alcun cambiamento sulle questioni importanti. La vera risposta è l’impegno di ciascuno, quotidiano e concreto. Trovate qualche ora la settimana per contribuire a questo cambiamento. L’impegno delle persone è la cosa più importante. Il mio è un invito a partecipare. C’è posto per tutti. Vi aspettiamo”.
Chi è interessato, può informarsi su come partecipare al progetto.
Simona Valesi